Oltre a essere immersi in questa pandemia che sembra non avere fine, in Venezuela giungiamo inevitabilmente ad accorgerci di tutto quello che ci manca, perché è evidente. L’accesso ai servizi pubblici, ai mezzi di trasporto, agli alimenti e alle medicine è ogni giorno più complesso, e siamo testimoni dell’aumento generalizzato della povertà. Non si può nascondere il sole con un dito, ma non possiamo nemmeno lasciarci accecare e vivere con una “mentalità da carestia”, rinunciando al desiderio di stare meglio.

Esistono, a mio modo di vedere, due atteggiamenti cruciali che ci permettono di essere protagonisti di un cambiamento di mentalità e di iniziare processi nell’ambito che ci tocca (nel nostro metro quadrato).

In primo luogo, la certezza che la realtà è un segno e nasconde qualcosa di grande e positivo per ognuno di noi. Se neghiamo a priori questa possibilità, è molto più complicato trasformare i problemi e le carestie in opportunità – la lamentela trionferebbe sempre e si oscurerebbe la ragione.

Il secondo atteggiamento, che definirei quasi una condizione per il primo, è riassunto in maniera geniale nella frase del filosofo ebreo Abraham Joshua Heschel: “Privi di meraviglia, restiamo sordi al sublime” (frase che è anche il titolo del Meeting di Rimini 2020). Questo indica l’atteggiamento fondamentale per aprire le porte della conoscenza. La meraviglia per la mera esistenza delle cose e di noi stessi è cruciale, perché è la materia prima per iniziare un lavoro, e in più ci permette di avere la sensibilità per lasciarci meravigliare da esse. 

Riferendosi a Robinson Crusoe, G. K. Chesterton  nel brano “L’etica nel paese delle fate” (Ortodossia, 1908), riassume la positività di chi è sopravvissuto a una tempesta: “Tutte quelle cose si sono salvate per un soffio dall’essere inghiottite mentre la nave affondava. Ogni uomo ha rischiato l’orribile eventualità di una nascita prematura, seguendo così la sorte di tanti bambini non nati. Quando ero ragazzo sentivo spesso parlare di geni mancati o boicottati, ed era consuetudine dire di tanti che erano un Avrebbe Potuto Essere Un Grande. Secondo me, è un fatto molto più concreto e sorprendente che l’uomo comune, come se ne incontrano tanti, sia un grande Avrebbe Potuto Non Essere”.

Tu e io, le nostre famiglie e i nostri amici, questa pandemia, tutto il bene e il male che ci capita, la stessa Associazione Trabajo y Persona, e infine tutte le notizie di questa newsletter, “avrebbero potuto non essere”, ma lo sono e esistono, e per questo vi invito a domandarvi: a che scopo? Come siamo chiamati a vivere quello che ci tocca?